Le sorprese "poco gradite" di Facebook

I social network come strumenti di divulgazione di notizie e fatti personali ma anche mezzi che, troppo spesso, possono regalare sgradite sorprese.
È accaduto sul social network più celebre, Facebook, all’amministratore del gruppo “La Basilicata esiste”, che, da un minuto all’altro non solo è stato cacciato dalla community da lui creata ma ha visto quest’ultima invasa di messaggi razzisti e carichi dei più odiosi stereotipi sul Mezzogiorno e i meridionali.
Il gruppo, che contava quasi duemila utenti, era nato nel marzo dello scorso anno, all’indomani dell’alluvione che ha interessato il Metapontino e la regione.
Proprio il silenzio dei media nazionali sugli ingenti danni creati dallo straripamento di Bradano e Basento lungo la costa jonica lucana ha spinto il fondatore del gruppo a creare uno spazio dove parlare della Basilicata per farla conoscere al variegato mondo di internet.
Una realtà che è cresciuta giorno dopo giorno, coinvolgendo tantissima gente e diventando strumento di promozione di un territorio poco noto ma molto amato in Italia e in Europa.
Questo fino a pochi giorni fa quando l’amministratore del gruppo non solo si è visto esautorato del suo ruolo ma ha anche assistito alla trasformazione della sua “creatura”, con la bacheca riempita di messaggi razzisti ed offensivi sulla Basilicata e sul Mezzogiorno.
E gli autori di questa “bravata”, che ovviamente si nascondono dietro profili fittizi e non identificabili, hanno attaccato anche un altro gruppo, quello della Calabria, comportandosi allo stesso modo: anche qui razzismo e frasi irripetibili contro tutto e tutti.
Ovviamente è scattata immediata la segnalazione, per comportamento gravemente lesivo, sia agli amministratori di Facebook che alla Polizia Postale.
Nel gergo di internet questi personaggi hanno un nome: si chiamano Troll e sono coloro che, attraverso posizioni plateali o arroganti, puntano a far perdere la pazienza agli altri utenti, spingendoli a insultare e aggredire a loro volta per arrivare poi alla chiusura del gruppo e alla fine di ogni civile discussione.
Quale sia il piacere di questa pratica non è dato sapere, ma quest’episodio fa riflettere, ancora una volta, sul giusto uso dei social network: il più delle volte possono aiutare il mondo ad essere migliore ma in più di un’occasione sono solo cassa di risonanza della pochezza e della vigliaccheria di qualcuno.

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