“L’amministratore delegato Eni Claudio De Scalzi dovrebbe dimettersi”

giovanna

All’assemblea dei soci Eni che si è svolta il giorno 14 maggio a Roma é intervenuta, su delega di Domenico Nardozza (videomaker freelance) nonché esponente dell’azionariato critico, l’avvocato Giovanna Bellizzi di Policoro.

I lavori hanno visto prima l’intervento illustrativo del Presidente Marcegaglia e dell’amministratore delegato dell’Eni Claudio De Scalzi. Il Presidente aveva annunciato precisazioni sulle varie vicende giudiziarie, ma di fatto nessun accenno all’inchiesta svolta dalla Procura di Potenza per gravissime ipotesi di reato, quali disastro ambientale in Val D’agri, é stato fatto dalle due massime rappresentanze della società. É apparsa, quindi, la volontà di evitare, da parte di Eni, la “questione lucana”. Strano, molto strano perché l’inchiesta ha portato, tra l’altro, anche all’arresto di Enrico Trovato responsabile del Cova. Atteso che, invece, De Scalzi ha illustrato soltanto i progetti del Blu Water ed Energy Valley, nonché il progetto Agri Vanda e un nuovo piano di monitoraggio, è apparso opportuno esporre agli azionisti quanto accade in Basilicata.

Di seguito si riporta il testo integrale e fedele dell’intervento svolto all’assemblea degli azionisti  atteso che l’avvocato Giovanna Bellizzi a fronte della rilevanza delle domande poste e delle risposte ottenute da Eni, ha chiesto al notaio presente ai lavori, la verbalizzazione integrale del suo intervento

“Il 23 aprile 2019 la Procura della Repubblica di Potenza in Basilicata e i Carabinieri del Noe hanno dato esecuzione ad una un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Gip nei confronti del dirigente dell’Eni, all’epoca dei fatti responsabile del C.O.V.A. di Viggiano in Basilicata, Enrico Trovato.

In totale sono indagate tredici   persone fisiche e l’Eni SPA per l’ipotesi, tra l’altro, di reato di disastro ambientale.

Le indagini hanno preso il via nel gennaio 2017 in coincidenza con il rilevamento di un’enorme fuoriuscita dal COVA, luoghi che oggi risultano pesantemente impattati e distanti solo circa 2 km dall’invaso del Pertusillo.

In effetti, le indagini della Procura di Potenza hanno evidenziato la grave compromissione della capacità di tenuta di tutti e 4 i serbatoi in cui era contenuto il greggio estratto e non solo di uno, come sempre dichiarato da Eni, mettendo anche in luce che tali problematiche fossero ben note alla dirigenza di ENI, serbatoi che all’epoca erano tutti privi dei doppifondi.

Emergeva così una sostanziale e rilevante inerzia dei responsabili dell’impianto Eni rispetto al pericolo di un grave ed incombente danno per l’ambiente, pericolo non ritenuto però prioritario rispetto alle esigenze produttive, come ha dichiarato il Procuratore Dott. Curcio.

Al termine delle investigazioni si è profilato così il delitto di disastro ambientale con la contaminazione e la compromissione di almeno 26mila mq di suolo e sottosuolo dell’area industriale di Viggiano, ma con rischio di essere andati anche ben oltre, si ritiene, il reticolo della zona industriale.

Concreto è anche il pericolo conseguente per uno dei più importanti bacini idrici dell’Italia meridionale e il danno arrecato a una vasta area produttiva agricola, oltre che il danno all’immagine di un’intera regione, la Basilicata; senza considerare lo smodato emungimento delle acque di falda dell’area per recuperare il petrolio disperso e il dubbio che durante le operazioni di recupero del petrolio disperso vengano utilizzati anche solventi, sostanze che sono fortemente impattanti e inquinanti, circostanza che apre nuovi e ulteriori scenari.

Eppure sulla questione l’atteggiamento della dirigente di Eni è apparsa subito non finalizzata ad un’immediata assunzione di responsabilità.

In effetti, come da notizia pubblicata da ANSA l’11 MAG 2017, De Scalzi dichiarava che- “Accettiamo tutto, ma non la disinformazione e l’accusa di essere dei mostri e degli assassini”. Lo ha affermato quindi Claudio De Scalzi rispondendo così alle domande di studenti lucani in visita nella sede di San Donato Milanese.

De Scalzi, in quell’occasione, ha parlato addirittura   di ‘fake news’ sostenendo anche che   al centro oli di Viggiano, “da controlli effettuati non da noi, le acque esterne non sono contaminate, lo sono quelle interne”.

Ebbene i fatti, le inchieste giudiziarie e quelle giornalistiche vanno in una direzione completamente diversa da quanto sostenuto da Eni.

Eppure, la questione ambientale non è solo ideologica ma è anche economica.

Appare inverosimile, pertanto, ritenere che tali vicende, come accadute in Basilicata, non possano, in un futuro prossimo e non lontano, aprire nuovi scenari con riflessi anche sulla governace della società e sulle sue politiche di investimento, di produttività e soprattutto di sua redditività.

Il rischio da danno ambientale, oggi più che mai, coinvolge potenzialmente tutte le aziende ma ancor di più Eni e ora che l’attenzione dei cittadini sulla questione è cresciuta in modo esponenziale.

Appare, quindi, inopportuno continuare ad assumere un atteggiamento di sottovalutazione dei rischi ambientali o una politica aziendale non interessata a scoprirli, a prevenirli e ad evitarli in ogni modo. La prossima frontiera giuridica, in effetti, sarà quella della responsabilità aziendale per il rischio da inquinamento ambientale, atteso che la responsabilità è – in questi casi – sempre oggettiva, ovvero prescinde dalla colpa.

Il rischio può anche essere valutato e a torto, basso, almeno per determinate categorie, ma l’impatto economico, in caso di danno e di disastro ambientale come è accaduto in Basilicata e non solo, può essere però enorme. Se a ciò aggiungiamo il potenziale rischio conseguente all’attività di reiniezione svolta in Basilicata e agli studi scientifici che evidenziano una potenziale correlazione tra attività estrattiva e sismicità del territorio in Val D’Agri, ecco che gli scenari e le conseguenze sugli investitori e soci di Eni appaiono rilevanti.

E’ per questo motivo che:

si chiede a Eni di sapere se ha predisposto una stima del petrolio disperso e di quello recuperato e se, di conseguenza, ha stilato una stima economica dei danni così arrecati all’ambiente in Basilicata con contaminazione delle falde acquifere e dei terreni.

Inoltre, si chiede di sapere se Eni ha predisposto una stima dei costi economici già sostenuti e soprattutto di quelli ancora da sostenere per il recupero di tutto il petrolio disperso e delle operazioni di bonifica e di ripristino dei luoghi che dovranno verosimilmente essere svolte per molti anni.

Alla luce dell’ipotesi di disastro ambientale avanzata dalla Procura di Potenza, si chiede se Eni Spa ha elaborato uno studio circa i rischi di class action che i lucani potrebbero promuovere per tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti e subendi, ma anche per le iniziative di risarcimento che potrebbero promuovere contro Eni i vari comparti economici e imprenditoriali dell’agricoltura e del turismo, oltre che le Regioni Basilicata e Puglia per il danno all’immagine subita o subenda, e se è stata realizzata una stima dei riflessi che tali azioni giudiziarie potrebbero avere sull’assetto economico della società Eni Spa e sui propri investitori.

Inoltre, si chiede di sapere se Eni Spa ha promosso uno studio per comprendere e valutare gli impatti che le notizie dell’ipotesi giudiziaria di disastro ambientale in Basilicata – Val D’Agri hanno avuto sui Lucani, sugli investitori e sull’immagine di Eni.

A tali gravi fatti la politica aziendale della società Eni è stata, però, quella di distribuire caramelle al sapore di limone con il logo del cane a sei zampe ai ragazzi delle scuole in Basilicata, oppure quella di collocare totem pubblicitari nei centri commerciali veicolando così un’informazione parziale e suscitando la reazione dei Lucani, soluzioni queste e altre che non si elencano per opportune ragioni di sintesi, appaiono però essere inadeguate, inefficaci e inopportune.

Eppure una politica aziendale attenta e rispettosa dell’ambiente e finalizzata a darne priorità costituisce, è chiaro, non solo una buona e leale prassi aziendale ma anche un’attenta protezione dei propri investimenti e della redditività che dev’essere assicurata agli azionisti, obbiettivo che non si raggiunge di certo parlando di fake news o minacciando di non fare più investimenti in Basilicata, come ha in passato ha fatto De Scalzi, oppure arrivando a distribuire caramelle al sapore di limone agli studenti lucani.

Piuttosto Eni, alla luce dei gravissimi episodi accaduti e per come si sono svolti, dovrebbe disporre la sostituzione di tutti i dirigenti e inoltre, la gestione della vicenda che oggipossiamo definire “vicenda Lucana”, sempre sottaciuta se non addirittura negata da De Scalzi, a seguito delle sue dichiarazioni, dovrebbe comportare un’effettiva, concreta, reale ed efficace assunzione di sua responsabilità con la rassegnazione delle sue dimissioni.

De Scalzi, quindi, non dovrebbe ma, piuttosto, deve dimettersi.

Il tempo della distribuzione delle caramelle al limone in Basilicata, ma non solo in Basilicata, credo che sia oramai finito”.

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