“Il Ministero dello Sviluppo Economico autorizza le ricerche di idrocarburi nel Mar Jonio”

mappa trivelle

“Con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 7 dicembre 2018 e  pubblicato sul Buir- Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi in data
31.12.2018 ( fontehttps://unmig.mise.gov.it/images/buig/62-12.pdf http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/buig/62-12/62-12.pdf?fbclid=IwAR06YzJWhjlgW_oHC7RYqCyalPsWHRczTX6SHAKZgMAX5YyjAplcqOKya40)
sono stati conferiti 3 permessi di ricerca alla società petroliera Global Med. Si tratta dei procedimenti F.R43.GM, F.R44.GM e F.R45.GM e relativi  alle istanze di ricerca 87 F.R. GM, 89 F.R. GM e 90 F.R. GM. In sostanza il Ministero dello Sviluppo Economico ha ritenuto di poter autorizzare la compagnia petrolifera Global Med di cercare idrocarburi con la tecnica dei rilievi in 2d e in un area complessiva di 2.2200 mq”.

A darne notizia, in un comunicato, è l’associazione Mediterraneo No Triv.
“Nella mappa allegata e estrapolata proprio dallo studio di impatto ambientale presentato dalla società petrolifera – prosegue la nota – emerge chiaramente sia
l’ubicazione delle aree ma anche la modalità di ricerca che purtroppo, e come da tempo abbiamo segnalato, presenterà potenziali rischi e impatti  per l’ambiente.
In effetti, per Mediterraneo No Triv abbiano presentato le osservazioni  contro le tre istanze di ricerca segnalando all’attenzione dei Ministeri  preposti al rilascio delle relative autorizzazioni, le numerose  criticità che la ricerca potrebbe comportare.
Il primo settore che indubbiamente subirà gli effetti di tale decisione  del Mise sarà quello della pesca.
Mediterraneo No Triv nelle sue osservazioni contro il progetto 90 f.r.gm e oggi autorizzato, aveva già segnalato che nello SIA- Studio di  Impatto Ambientale in merito all’impatto sullo specchio d’acqua occupato  la società dichiarava che “l’eventuale interferenza che potrà manifestarsi è quella legata  all’occupazione fisica dello specchio d’acqua sia per quanto riguarda il  traffico marittimo che l’attività ittica e il turismo costiero”,  omettendo di precisare che proprio in virtù della tecnica di ricerca  impiegata le conseguenze potranno incidere ben oltre il mero spazio  occupato dalla piattaforma o dalla nave di ricerca e così come  confermano numerosi studi scientifici.
A rischio sarà anche il settore del turismo, altra voce economica di  estrema importanza per le tre regioni interessate dai progetti  petroliferi autorizzati, ossia Puglia, Basilicata e Calabria.

Del tutto ignorate anche le preoccupazioni, sollevate da Mediterraneo No  Triv in merito alla fragilità delle coste così come per l’enorme  patrimonio di coralli rossi presenti nel nostri fondali marini e per i  cetacei la cui sopravvivenza è seriamente messa in pericolo dalla  tecnica di ricerca con air guns.
Mediterraneo No Triv aveva anche sollevato la questione delle navi dei  veleni affondate e mai recuperate come evidenziato da numerose inchieste  giudiziarie e giornalistiche nonché atti parlamentari sulla questione. Grande è la nostra preoccupazione sulla possibilità che le bombe d’aria  potrebbero avere su dei fusti verosimilmente affondati con la complicità  della criminalità organizzata e mai recuperati o almeno censiti. In  effetti, avevamo chiesto un’assunzione di responsabilità da parte delle  istituzioni nel decretare il fermo di ogni forma di ricerca di  idrocarburi in questi mari subordinandola alla prioritaria ricerca di  tali pericolosi affondamenti e il tutto per escludere qualsiasi forma di  pericolo diretto e indiretto per l’ambiente ma anche per la salute e la  sicurezza dei cittadini.
Grave è l’assenza della politica sulla questione e sino ad oggi non  abbiamo registrato, da parte di nessun governo passato e presente, di  attenzione atteso che l’Italia ha siglato il Protocollo di Kyoto ed è  ormai vincolata dal regime di riduzione del 20% delle emissioni di gas  climalteranti adottato dall’Unione Europea (c.d. “20-20-20”) di cui si  prospetta addirittura un rafforzamento, attualmente in discussione, per  una progressiva riduzione del 30% delle emissioni, entro il 2020 .
Appare anacronistico siglare da una parte trattati internazionali per  ridurre l’impatto dell’inquinamento sull’ambiente e dall’altra autorizzare le ricerche di idrocarburi piuttosto che impegnare ingenti  risorse economiche ed investimenti verso fonti di energia pulita.
Ma appare anche assurdo aver ignorato le leggi sugli impatti  transfrontalieri e aver disatteso le numerose opposizioni delle  associazioni ambientaliste, dei cittadini e delle regioni interessate.

Ora, però, è necessario che le istituzioni e soprattutto la Regione  Basilicata, Puglia e Calabria adottino iniziative forti e incisive  contro questi tre concessioni soprattutto se si considera che molte altre sono le compagnie petrolifere attendono di sapere se anche loro potranno cercare petrolio nel Golfo di Taranto, istanze che tutte  insieme coprono, sostanzialmente, quasi del tutto l’area del Golfo di  Taranto.
Con quali impatti per il turismo, la pesca e l’ambiente ora è facile  ipotizzare”.

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