Il 17 aprile il referendum sullo stop alle trivellazioni in mare

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Si terrà domenica 17 aprile il referendum sullo stop alle trivellazioni in mare: lo ha deciso nella notte di giovedì il Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto per l’indizione del referendum popolare relativo alla “abrogazione della previsione che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro dodici miglia marine hanno durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.

Il Governo ha quindi bocciato l’ipotesi di far coincidere la consultazione referendaria con le elezioni amministrative che si svolgeranno in primavera in numerosi comuni italiani, tra cui Milano, Roma e Napoli. Una decisione che costerà cara agli italiani, visto che per la consultazione di aprile lo Stato dovrà spendere circa 300 milioni che si andranno a sommare a quelli che saranno spesi per il voto primaverile.

E sulla questione arrivano i primi commenti.

“Il governo ci ripensi – dice Nicola Fratoianni di Sel-Sinistra Italiana –  con l’election day tra amministrative e referendum sulle trivelle si risparmierebbero 300 milioni. Una cifra considerevole che si potrebbe usare per molti scopi, dalle scuole agli asili. E da ultimo mi viene in mente che si potrebbe ampliare la platea dei risparmiatori risarciti dalle truffe delle banche”.

“Evidentemente al Governo manca il coraggio di far scegliere agli italiani – commenta il presidente del Consiglio regionale lucano Piero Lacorazza – In questo modo non solo si rifiuta l’accorpamento con le amministrative, che farebbe risparmiare 300 milioni di euro, ma si finisce per mortificare ogni possibilità di partecipazione consapevole dei cittadini alla consultazione referendaria, che per sua natura ha bisogno di un tempo utile per conoscere e valutare il quesito che viene posto agli italiani. E due mesi, come tutti possono facilmente osservare, non bastano neanche per aprire la discussione”.

“Spiace che il presidente del Consiglio – aggiunge Lacorazza – non abbia voluto cogliere la vera sfida che il quesito referendario, così come per altri versi i conflitti di attribuzione sul piano delle aree e sulla durata delle concessioni, pongono a chi governa: la necessità di attivare un percorso democratico, di coinvolgere le istituzioni di prossimità e i territori nelle decisioni che li riguardano. Non resta che appellarsi nuovamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per chiedere una ulteriore riflessione sulla scelta proposta dal Governo. Il corpo elettorale venga convocato per la consultazione popolare nel medesimo giorno delle elezioni amministrative, per permettere ai cittadini di essere informati sulla scelta da compiere e quindi di partecipare in maniera consapevole, magari anche risparmiando 300 milioni. Nei prossimi giorni valuteremo le scelte da adottare”.

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