Il Metapontino celebra sant’Antonio Abate

E’ il protettore degli animali domestici, ma anche dei macellai e dei salumai ed è capace, secondo la tradizione, di guarire le malattie, anche quelle terribili. 
E’ sant’Antonio Abate, festeggiato in Basilicata come in tante altre parti d’Italia, dinanzi ad un falò, in quanto guaritore anche dell’herpes zoster, chiamato, appunto, “fuoco di Sant’ Antonio”. 
Festeggiato in tanti piccoli centri lucani, il fuoco di sant’Antonio “arde” anche a Policoro, grazie alla folta comunità rotondellese attenta alle proprie origini e scrupolosa nel continuare quel suggestivo connubio tra fede e tradizione che li accompagna da sempre. 
E così, come ogni anno, nella notte tra il 16 e il 17 gennaio, in uno degli angoli più centrali della trafficata via Puglia di Policoro, si accende il fuoco bruciando grandi castagne di legna, dette, appunto, i “falò di Sant’Antonio”. 
Le ceneri, chiuse in sacchetti tenuti nelle tasche degli abiti, un tempo servivano come amuleti: tenevano lontano le malattie e le persone portatrici di guai. Ma c’è di più: secondo alcune interpretazioni, il fuoco di sant’Antonio è fortemente legato al passaggio fondamentale dal freddo dell’inverno al risveglio della primavera. 
Un vero e proprio simbolo, quello del fuoco, che ha un duplice significato: da un lato rappresenta la distruzione di tutto ciò che angoscia la comunità, come la fame, la malattia, la morte; dall’altro rappresenta la rinascita. Un momento di raccoglimento e di rinascita, anche per la comunità rotondellese presente a Policoro.

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