“Disattesa la legge istitutiva della Riserva orientata del Bosco Pantano di Policoro”

 

bosco pantano (Fabio Quinto)

“A Plicore chi ci va ci more”.

Si apre con un antico detto la nota di Gianni Gobbi, naturalista, referee del Wwf Italia e ora Socio Onorario dell’Associazione Romana di Entomologia, dedicata al Bosco Pantano di Policoro e soprattutto alla necessità di tutelare l’ambiente e soprattutto attualizzare quanto previsto dall’istituzione della Riserva Orientata.

“Così si esprimeva un contadino ai tempi della Riforma Fondiaria, rispondendo alla Commissione di Inchiesta, sulle condizioni rurali del Mezzogiorno, e citato da Nicola Buccolo – scrive Gobbi – e a Policoro si moriva davvero, è ancora Buccolo a scrivere, soprattutto di malaria e delle piene dei fiumi.

Ma oggi a Policoro e dintorni si continua a morire per una causa prevalente, che si chiama cancro. Anche la morte si aggiorna.

Sono un biologo naturalista e da quasi mezzo secolo frequento il Bosco Pantano,per motivi di studio, e in questo tempo non breve ho conosciuto, anche solo di nome, molte persone che sono poi mancate e la causa è quasi sempre la stessa.

E ho sempre sentito parlare di veleni agricoli, di petrolio che inquina le falde idriche e di acqua potabile ai trialometani, e perfino di amianto nel fiume. Come dire che il cancro viene a cercarci, perfino in casa.

So che pochi credono a queste cose ma è comprensibile, l’ottimismo è d’obbligo, specialmente laddove non ha senso e la presenza di cancerogeni ovunque, è un dato oggettivo, è appena il caso di ricordare il Ddt, insetticida potente, poi rivelatosi un cancerogeno molto stabile nel tempo, portato dagli Americani nel dopoguerra e usato in modo massiccio, per combattere 4 specie di anofeli, zanzare vettrici del Plasmodio della malaria.

A dimostrazione del fatto che, se le attività umane, in genere, portano a problemi ambientali, l’aggressione alla natura, a Policoro, iniziata con la distruzione del grande Bosco, ha portato per direttissima alla distruzione dell’uomo.

Sul che possono riflettere tutti quelli “spiriti forti” che ancora credessero che occuparsi della salvaguardia di boschi e paludi, di parchi nazionali, camosci e uccellini, sia roba da esteti, acchiappanuvole e anime candide. (Antonio Cederna)

Così Policoro, che già fu famosa, prima di nascere, grazie al suo Bosco secolare, tornerà ad essere famosa, ma per un motivo assai meno attraente.

Intanto ciò che resta di una meraviglia naturale, che oggi ci sarebbe invidiata, ha continuato ad essere utilizzato come discarica del paese, in contrasto con l’istituzione della Riserva Regionale, risalente ormai a oltre trent’anni fa e senza la minima vergogna di fronte al vivere civile.

Intanto i nostri studi confermano ed esaltano quanto già segnalato da altri autori e da me stesso, cioè l’altissima biodiversità di questo territorio, un bene oggi tanto ricercato, quanto incompreso dal pubblico.

Per avere un’idea, basti considerare che questa caratteristica, misurata sul numero di specie di insetti, è risultata circa pari a quella del Parco Nazionale del Pollino, che è 400 volte più esteso, tanto da costituire un insospettabile primato italiano.

Con questi numeri anche l’idea di Giuseppe Mele, cioè il considerare il bosco come un laboratorio naturale per la ricerca sugli insetti potenzialmente utili per la lotta biologica in agricoltura, è un’idea tutt’altro che velleitaria, e costituirebbe un’ulteriore ricchezza. A questo punto, però, non posso omettere una nota di biasimo nei confronti della Scienza Ufficiale, il mondo accademico, che ha sempre brillato per la sua magnifica assenza.

Ma il fatto è che il Bosco non è ben visto, quando non addirittura odiato, perché ricorda ai policoresi l’egemonia baronale, caratterizzata dal privilegio e dal sopruso.

“Perché la caccia era solo per il barone – esclamò in un convegno il Senatore Decio Scardaccione – mentre adesso può andarci, a caccia, anche il contadino”, dimenticando che stava parlando di una Riserva Naturale protetta !

Perfino uno stimato Sindaco apostrofò un gruppo di cittadini che raccoglievano firme sotto una petizione, a favore, chiedendo loro cosa dovessero farci col Bosco, suggerendone l’uso … come WC (e chi vuol capire capisca)

Un altro Sindaco, meno stimato, in un convegno alla Unibas, di fronte all’Autorità Scientifica, osò concludere il suo intervento con queste parole: “dateci una discarica ed il bosco è tutto vostro”. Sarebbe interessante capire da chi si aspettasse una discarica questo genio della politica!

La Riserva istituita corrisponde alla tipologia “orientata” , ma pochi l’avranno notato. Che significa? È presto detto,che tutti gli interventi sull’ecosistema devono essere orientati al recupero della condizione ecologica originaria.

E vediamo allora cosa è stato fatto:

in uno spazio disboscato, di fronte all’Idrovora sono stati piantati anni fa decine di alberi, accuratamente scelti tra quelli estranei alla vegetazione originaria, ma poi si sono “dimenticati” di irrigarli, cosicché sono tutti seccati (per fortuna). E lì a pochi metri scorre un piccolo fiume, il canale delle acque alte, che va a perdersi in mare. Al parcheggio di Piazza Siris è stato fatto (se possibile) ancora peggio: in piena estate sono state trapiantate decine di delicatissime pioppelle in una specie di fornace d’asfalto e poi anche qui niente acqua. Facile immaginare come è andata a finire, roba indegna dell’ultimo somaro iscritto ad un corso di Tecnica Forestale. È difficile credere che , con tanto pullulare di Forestali, non si sia trovato uno straccio di “esperto” che istruisse gli operai sul lavoro da fare. Se l’avessero chiesto a me, gliel’avrei detto io, gratis.

E così i bagnanti continueranno a desiderare inutilmente un po’ d’ombra.

La legge istitutiva della Riserva è stata dunque disattesa, ma c’è di peggio.

La nuova fama di Policoro, non tarderà a diffondersi, con buona pace di chi sembra aver previsto una forte immigrazione dall’interno, almeno a giudicare dalle numerose case nuove ancora invendute. Crollerà in mercato immobiliare?

A Plicore chi ci va ci more. E la storia continua”.

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