Coronavirus: “far ripartire l’Italia tutta assieme brucia miliardi di euro e danneggia il Sud”

caramuscio

“Il nuovo decreto del 26 aprile, purtroppo non porta grosse novità per le famiglie. Restano chiuse le Regioni che potranno essere attraversate solo per giustificati motivi. Una decisione scontata e condivisibile se si tiene conto che la densità del contagio è molto diversa tra i vari territori”.

Inizia così il comunicato stampa di Rocco Caramuscio, referente di “Italia in Comune Basilicata”.

“Ripartono subito le aziende strategiche industriali e produttive -scrive ancora Caramuscio – Mentre dal 4 Maggio tocca alle imprese manifatturiere, alle costruzioni e al relativo commercio all’ingrosso.

Ci si potrà spostare all’interno della propria Regione e sarà consentito il rientro presso la propria residenza.

Anche gli spostamenti, all’interno del proprio Comune però, dovranno essere accompagnati da autocertificazione. E questa è una decisione francamente incomprensibile per noi che abitiamo in zone poco colpite dalla pandemia.

Dunque deluse le aspettative di chi avrebbe voluto una ripartenza a macchia di leopardo, che anticipasse il ritorno alla normalità partendo dalle Regioni meno colpite.

Sarebbe stato un modo utile anche per verificare concretamente i rischi che esistono e perfezionare la cosiddetta fase 2 limitando le possibilità di una nuova impennata dei contagi.

Servirebbe a tutti, anche a quelle Regioni che ancora subiscono pesantemente gli effetti del virus.

Non è assolutamente condivisibile la volontà del Governo di fare ripartire l’Italia tutta insieme.

E’ una decisione che brucia miliardi di euro e che ancora una volta danneggia il Sud, pronto a fare da apri pista ma fermo perché legato al destino delle Regioni del Nord.

La Basilicata in particolare, è la Regione meno colpita dalla pandemia e i numeri del contagio dicono chiaramente che i Lucani sono stati responsabili.

Qui, fortunatamente, abbiamo subito meno gli effetti di questa tragedia.

Se così non fosse stato, per carenza di strutture, per la non ottimale gestione dell’emergenza, per il campanilismo creato artatamente dalla politica, molto facilmente sarebbe stata un’ecatombe.

Restiamo senza ospedali di prossimità, senza risorse per la ripartenza, senza infrastrutture e senza nessun investimento. In più continuiamo a restare fermi ad aspettare che ripartano le Regioni del Nord.

Proviamo a pensare a parti invertite.

Se gli effetti della pandemia fossero stati più pesanti al Sud, cosa avrebbero fatto le Regioni del Nord?

Ci avrebbero aspettato? O avrebbero invocato l’esigenza di un’autonomia differenziata che non bloccasse tutto il Paese e che desse la possibilità legittima di far ripartire i territori pronti a farlo?

Aspetteremo tutti insieme che a giugno si possa andare a prendere un caffè, a tagliare i capelli, a riprendere la vita sociale e produttiva dei nostri piccoli paesi.

Nella speranza che intanto non si abbia un rimbalzo del contagio in qualche parte del Paese. Perché, se la logica è questa, tale evenienza bloccherebbe anche la nostra ripartenza.

Un appello alle associazioni di categoria, alle aziende, ai sindacati, ai lavoratori e soprattutto al Governo Lucano: facciamo sentire la nostra voce! Qualcuno deve ricordare al Governo che qui siamo pronti a ripartire”.

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