A Tursi presentato il volume “Lo Scettro del re”

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Si è tenuto sabato scorso, presso la Sala Conferenze “Benedetto XVI” a Tursi la presentazione dell’ultima fatica letteraria di Rosanna Filomena.

La scrittrice e drammaturga, già autrice del libro “Quando il vento soffia forte”, omaggio alla vicenda di Elisa Claps, con cui ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti, ripropone al pubblico la riflessione sul tema del femminicidio. Ancora tante le storie di violenza da raccontare e tante ancora le coscienze da scuotere.

Dopo i saluti dei Presidenti delle due Associazioni, che hanno patrocinato l’evento: “Non solo 58” e “F.I.D.A.P.A, Sezione di Tursi”, rispettivamente Carmine Mormando e Fausta D’Accardi, la serata si è aperta con una conferenza sul tema della violenza sulle donne che ha fatto da preludio, al successivo approfondimento del libro.

Gli ospiti relatori, chiamati, a trattare l’argomento, in base ai propri ambiti di competenza e professionalità.

Sono intervenuti Anna Borghese, psicologa del comune di Tursi, con Fulvia Ligorio di “Non solo 58” per offrire spunti di riflessione introduttivi sul femminicidio; Rosita Altobelli, Operatrice Centro Antiviolenza della Provincia di Roma, Differenza Donna-Solidea, legale centro antiviolenza di L’Aquila, che ha approfondito il ruolo che rivestono i centri ed in quale contesto socio-culturale operano; Felicita Pugliese, penalista, che ha proposto una ricostruzione storico-legislativa per arrivare fino alla legge sul Femminicidio del 2013.

Le conclusioni affidate invece ad Angela Pisicchio, Presidente FIDAPA-Distretto sud-est.

Nell’intermezzo della manifestazione, l’intrattenimento dei Flautisti Tursitani, della classe di flauto traverso dell’I.C “A.Pierro” di Tursi, del Professor Michelangelo Liccese e l’interpretazione di alcuni passi del testo di Silvia Barletta, attrice e cantante lirica, già Ambasciatrice dell’Unesco per la Cultura e per la Musica.

“Lo Scettro del re” è il racconto di una specie di regno in cui gli uomini, che si trasformano in mostri, credono di essere i re e i signori della vita delle proprie donne, come scrive Don Marcello Cozzi, Vicepresidente Nazionale della’Associazione Libera, nell’Introduzione. Illusi di possedere uno scettro con cui dominarle attraverso la forza fisica o la repressione psicologica, risultando nella sostanza, un regno senza re e vuoto.

“Lo scettro vero, cioè la capacità di uscire dalle prigioni e di smascherare il mostro, quello lo possiede solo la donna”. L’unica vera possibilità di vincere è offerta dalla ribellione che nasce dalla consapevolezza di non essere più sole e dalla denuncia e riscatto attraverso l’autodeterminazione.

L’opera è suddivisa in 4 pièces: Tovaglia di pizzo (un quasi monologo); Sanguisuga (monologo); Transito in Purgatorio (monologo); Lo scettro del re (dramma).

L’ultima dà il titolo all’intero lavoro. Un montaggio di testi uniti tematicamente ma svincolati drammaturgicamente che colgono le diverse sfumature e profili delle vittime delle varie forme di violenza.

Carlo Fanelli, Docente di Drammaturgia ed Estetica del Teatro Università della Calabria, nella Prefazione parla di “racconti teatrali”. .

“Il teatro attraverso la sua forza di rappresentare il vissuto, dà voce a chi non è capace di urlare”

Letteratura e teatralità, qui sono in stretto connubio.

Da un lato l’impatto comunicativo delle parole e dall’altro la capacità di attualizzare il vero portandolo in scena, attraverso la forma teatrale. L’autrice li unisce magistralmente, producendo un risultato esponenzialmente più efficace, in modo che “la verità spinga maggiormente nelle coscienze”. Il fine è proprio quello, non solo di creare consapevolezza ed incoraggiare le donne vittime di violenza ad uscire dal silenzio e denunciare i soprusi ma anche, se non di sovvertire, almeno di scalfire quella cultura ancora troppo impregnata di una mentalità sessista e maschilista, che priva la donna della sua vera identità.

Sofia, Ester, Marsela, Gisele le protagoniste delle quattro scene, sono i volti e i nomi di quelle donne che non ce l’hanno fatta, ma sono anche le storie di tante; le loro storie sono la descrizione nuda e tragica di un inferno che si consuma ogni giorno a fianco a noi.

Il femminicidio è un fenomeno di costume e un dramma sociale che si è insinuato in tutte le strutture della società e la realtà offre frequenti spunti per ricorrere quotidianamente all’utilizzo di questo neologismo, entrato prepotentemente nel nostro linguaggio.

Il libro si legge tutto di un fiato, coinvolgendo il lettore in un pathos incalzante, senza però mai impressionarlo con la scabrosità irriverente della violenza ma senza neanche anestetizzarla. Profondo e capace di scuotere gli animi senza mai essere cruento nel racconto delle storie segno dell’arte scrittoria dell’autrice.

Anche lo stile è quello che caratterizza la scrittrice, asciutto, senza punteggiatura, lasciato aperto, per trasferire al lettore la possibilità di completare il significato per una sorta di sincero rispetto nei confronti dei suoi lettori, lasciati liberi nel cogliere le sfumature e le interazioni che ognuno vuole assegnarle.

Mariangela Di Sanzo

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