Don Antonio Di Leo presenta lo Sporting Soccer 2016

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Sedici anni di Sporting Soccer sono davvero tanti: intere generazioni hanno affrontato il torneo di Marconia e tanti ragazzi lucani hanno potuto partecipare ad un’esperienza sportiva e umana coinvolgente e altrettanto divertente. Sport e sociale costituiscono il binomio perfetto che contraddistingue le varie edizioni dello Sporting Soccer: dal 2000 ad oggi tanto è cambiato nella manifestazione sportiva, ma l’elemento conduttore delle varie annate è il fondatore di questo piccolo sogno nel cuore di Marconia, Don Antonio Di Leo. Il sacerdote lucano è attivo da settimane insieme al suo staff per definire gli ultimi dettagli della manifestazione divenuta ormai uno degli eventi più importanti dell’estate pisticcese sia per la sua storia che per i contenuti sociali e sportivi.
Don Antonio ha visto crescere la sua creatura, sempre in grado di rinnovarsi e di coinvolgere ogni anno le varie fasce di età della cittadina jonica, con cui lo Sporting Soccer ha ormai stretto un legame viscerale.

Don Antonio, quali sono i punti di forza della manifestazione, in grado di ripetersi ininterrottamente ormai da sedici anni in questa comunità?

Due ingredienti fondamentali conservano una manifestazione per lungo tempo: la fedeltà a quelli che sono i valori fondativi e il dialogo con la modernità, passaggio fondamentale per essere sempre al passo con i tempi. E’ giusto adeguarsi ai social e alle aspettative della gente conservando quelli che sono i nostri valori, ossia favorire lo sport sul territorio attraverso la conoscenza delle persone e il rispetto nell’avversario. In questi sedici anni non si sono formate soltanto squadre che partecipano ad un torneo, ma vere e proprie amicizie e comitive. Questo vuol dire tanto per la nostra manifestazione.

Quest’anno lo Sporting Soccer ospiterà sportivi del calibro di Vittorio Lo Senno, Susanna Nicoletti e Francesco Repice: quanto possono far crescere la comunità iniziative del genere ?

La collettività ha bisogno di crescere dal punto di vista dell’unità: questi ospiti servono per dare alla manifestazione un tono di maggiore bellezza e vengono per incontrare la nostra comunità, caratterizzata per le sue immense potenzialità, molte inespresse ed altre soltanto accennate. Questi sportivi, a cui va un ringraziamento per la loro disponibilità nel prendere parte al nostro progetto, daranno al torneo ulteriore spessore culturale: non esiste soltanto lo sport, ma soprattutto la cultura dello sport che ciascuno di noi dovrebbe avere e questi personaggi che ospiteremo e che vivono lo sport quotidianamente potranno rendere testimonianza delle loro esperienze interagendo con il nostro pubblico.

Il bisogno di unità ha portato lo Sporting Soccer ad organizzare altre manifestazioni sportive insieme ad associazioni del territorio. Come mai una scelte del genere?

Quest’anno abbiamo cercato la collaborazione con le varie associazioni del territorio proprio per consegnare alla comunità un modello di unità di cui ha assoluto bisogno. Ognuno di noi ha un pregio, credere in qualcosa: lo Sporting Soccer si vuole fare promotore dell’impegno delle altre associazioni sul nostro territorio. Speriamo di esserci riusciti: l’unità è sempre un programma da raggiungere, un percorso faticoso che ogni anno non desisto dal perseguire. Certo, servono persone mature per realizzare queste iniziative e in questi anni fortunatamente credo ci siano state, altrimenti non saremmo riusciti a realizzare lo Sporting Soccer per sedici anni consecutivi.

In chiusura, quali sono gli obiettivi di questa nuova edizione?

Il messaggio è sempre lo stesso da sedici anni: il torneo può essere un momento molto significativo per la comunità. Non dobbiamo dimenticarci l’importanza della cultura della sconfitta: dalle cadute si impara a crescere. Le vittorie ci dicono quanto siamo cresciuti, ma è dalle sconfitte che si può migliorare.
In questi anni, poi, abbiamo cercato di proiettare il nostro lavoro sul bene comune e per la nostra comunità, cercando sempre di costruire qualcosa di importante per gli altri. Certo, quello che facciamo per il prossimo non è mai abbastanza, ma sicuramente è già qualcosa.

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