A Tinchi l’associazione Etnie ricorda la Shoah

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L’associazione Etnie-Cultura Senza Frontiere e Archeoart cooperativa organizzano una serata-evento per non dimenticare la Shoah e le persecuzioni nei confronti delle minoranze e, in particolare, per ricordare alcune figure di oppositori al progetto di sterminio che, a rischio della propria esistenza, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

La serata-evento – che avrà inizio alle ore 19,30 di sabato 27 gennaio presso la sede dell’Associazione Etnie, in viale Magna Grecia, di fronte all’ospedale di Tinchi-Pisticci – subito dopo il saluto delle autorità e degli organizzatori vedrà la presentazione per la prima volta del nuovo lavoro dello storico e saggista Giuseppe Coniglio, già socio onorario dell’Associazione Etnie.

Si tratta di un saggio dal titolo “L’esule garibaldino – Dall’inferno di Mauthausen al paradiso di Pisticci” dedicato alla figura del massese Roberto Ponticelli che negli anni giovanili – durante la campagna 1914-1918 – combatte in Francia con il grado di “Lieutenant de la Legion Garibaldienne de l’Argonne e Commandant du Bataillon Lyonnais”.

Nel 1927 Ponticelli consegue brillantemente il diploma di “Chirurgien Dentiste” presso l’Ecole de Medecine de Paris. Durante l’occupazione nazista, in seguito al rinvenimento, nella sua abitazione di armi antiche, gli vengono confiscati i beni e viene condannato a sei mesi di reclusione.

In seguito i tedeschi lo consegnano alle autorità italiane, che lo inviano nel 1941 alla Colonia Confinaria di Centro Agricolo di Pisticci perché antifascista e repubblicano. Qui, dopo una breve permanenza gli viene concesso di trasferirsi nel centro di Pisticci, dove può aprire uno studio medico per poter esercitare la sua professione. Scontata la pena, Ponticelli abbandona a malincuore il paese lucano per ritornare nella sua città – Massa – ma, nei pressi di Monte Cassino, viene fermato e arrestato dai tedeschi e quindi deportato nel lager di Dachau Mauthausen, dove rimane dal 14 ottobre 1941 fino al maggio 1945.

L’estrazione dentaria ad un ufficiale tedesco, pur con mezzi di fortuna, gli salva probabilmente la vita e gli fa ottenere il privilegio del libero accesso nel campo e nell’infermeria del lager, da dove riesce spesso a prelevare viveri, vestiti e soprattutto medicinali destinati ai suoi compagni più sfortunati. Per distinguerlo dagli altri, sulla sua giubba venne apposta la scritta “zahnartz”(medico-dentista).

Dopo la guerra, avvertendo una grande nostalgia per quel piccolo paese lucano che lo aveva accolto e ospitato con grande affetto e stima, dopo una lunga marcia a tappe, faticosa ed estenuante, riesce a raggiungere Pisticci, dove nel 1946 si sposa e riprende la professione di dentista.

Il suo studio-laboratorio verrà molto frequentato da pazienti affetti anche da altre malattie. Apre, altresì, nuovi studi medici nei paesi vicini, a Bernalda, Tursi e Ferrandina, dove presto viene conosciuto e stimato per la sua disponibilità, professionalità e competenza. Oggi, il saggio storico di Giuseppe Coniglio “L’esule garibaldino – Dall’inferno di Mauthausen al paradiso di Pisticci” riporta l’attenzione sulla figura di Roberto Ponticelli, uomo libero e con una forte propensione ad aiutare gli altri, un esempio per i suoi contemporanei e per le nuove generazioni.

La serata-evento, che sarà allietata da pietanze della tradizionale cucina “povera”, oggi fortemente recuperate dalla dieta mediterranea, prevede, altresì, una serie di letture sulla Shoah della poetessa Maria Antonietta D’Onofrio e di Milena Gentile, già socie di Etnie e figure sempre attive nel panorama culturale territoriale ed extraregionale.

L’evento che, prevede a conclusione della serata, la proiezione di un film-documentario è stato fortemente voluto da Antonio Caramuscio, presidente dell’associazione Etnie, il quale riferisce su come, attraverso l’impegno e il sacrificio personale e dei soci, si sia giunti a creare degli appuntamenti fissi durante l’anno, fra cui appunto quello rivolto alla Shoah e alle deportazioni etniche, soprattutto nel territorio pisticcese che è stato sede di un centro confinario – “Centro Agricolo” – vero e proprio carcere a cielo aperto, dove transitarono circa 1700 deportati, in gran parte operai e artigiani, provenienti da tutte le regioni italiane.

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