Itrec, l’allarme delle associazioni ambientaliste: “per l’Arpab l’inquinamento ha raggiunto la parte esterna del sito”

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Attraverso un evento organizzato in streaming i rappresentanti delle associazioni ambientaliste Cova Contro, Medici per l’Ambiente Basilicata e Mediterraneo No Triv Giorgio Santoriello, Giampaolo Farina e Giovanna Bellizzi hanno denunciato la “grave contaminazione da sostanze chimiche verificatasi presso il centro di ricerche Enea” e  illustrato le iniziative assunte.

 “Già nell’anno 2017 con denuncia del 9 dicembre e ratificata presso la stazione dei Carabinieri di Policoro – si legge in una nota congiunta – le associazioni avevano segnalato che dal 2003 la società di Stato Sogin spa si occupa dello smantellamento del detto impianto nucleare (cd.decommissioning) e della gestione dei rifiuti radioattivi presenti in situ e che, purtroppo, negli ultimi anni sono stati accertati molteplici gravi episodi di inquinamento riconducibili al detto sito (a titolo esemplificativo : rottura della condotta di scarico a mare nel 2003, poi sostituita nel 2008; percolamento di liquido acquoso da una parete esterna di un monolite in cemento armato contenente rifiuti radioattivi, nel 2014; anomalie rilevate dall’ARPAB nel corso della bonifica relativamente alla fossa 7.1, come da nota dell’11.09.2014, in aggiunta a 13 precedenti anomalie / incidenti già censiti da ENEA, senza contare il percolamento di liquido radioattivo verificatosi nel monolite della fossa irreversibile nell’agosto 2014. Successivamente, ed in particolare a far data dal giugno 2015, la stessa Sogin, unitamente all’ENEA, aveva pubblicamente diffuso la notizia del ritrovamento di sostanze inquinanti, altamente cancerogene, nelle acque di falda superficiali all’interno del perimetro dello stabilimento (cromo esavalente, idrocarburi, trielina etc.) per ciò stesso riconoscendo un’ avvenuta e rilevante contaminazione chimica.

Purtroppo la contaminazione chimica si è estesa anche all’esterno del perimetro Enea, sia per la matrice suoli che per le falde annoverando altri inquinanti non presenti in falda ma rilevata da Arpab e Sogin nella matrice suoli ( vanadio, berillio e tallio ). Già con nota formale del 1.9.2017 l’Arpab sottolineava la preoccupante circostanza del superamento del CSC per il cromo esavalente nel piezometro SP35 ubicato a valle idrogeologica sul confine di proprietà del Sito ITREC-ENEA e che ciò rendeva necessario e urgente predisporreuna tempestiva misura di sicurezza per le acque sotterranee al fine di scongiurare la migrazione del Cromo esavalente verso l’esterno del Sito, considerato che il piezometro CM1 esterno al sito ubicato parallelamente al tracciato della condotta a mare dello scarico ITREC fa registrare una concentrazione di Cromo VI nell’acqua sotterranea quasi prossima al limite previsto.L’ Arpab aveva evidenziato la presenza di superamenti delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) dei limiti normativi previsti nel d. lgs n. 152/2006 non solo relativamente alla matrice acqua sotterranea ma anche al suolo profondo e superficiale (top soil), come da nota prot 10326 del 01 settembre 2017 dell’Arpab.

In particolare, dalla detta nota si desumeva una significativa contaminazione da Alifati Clorurati Cancerogeni (in prevalenza Tricloroetilene) e da Cromo Esavalente; il Tricloroetilene presenta concentrazioni fino a quasi 500 volte superiori al limite normativo previsto (703 ug/l rispetto al limite stabilito nel d. lgs. 152/2006 di 1,5 ug/l) mentre il Cromo VI ha concentrazioni al disopra del limite normativo (18 ug/l rispetto a 5 ug/l nel piezometro C08 e 9 ug/l rispetto a 5 ug/l nel piezometro SP21). Già nel 2017 l’Arpab sottolineava la preoccupante circostanza del superamento del CSC per il cromo esavalente nel piezometro SP35 ubicato a valle idrogeologica sul confine di proprietà del Sito ITREC-ENEA il “che rendeva necessario e urgente predisporre una tempestiva misura di sicurezza per le acque sotterranee al fine di scongiurare la migrazione del Cromo esavalente verso l’esterno del Sito”,considerato che il piezometro CM1 esterno al sito ubicato parallelamente al tracciato della condotta a mare dello scarico ITREC fa registrare una concentrazione di Cromo VI nella acqua sotterranea quasi prossima al limite previsto. Inoltre, con elaborato del 2.12.2017“ Analisi di Rischio sanitario-ambientale sito specifica del sito potenzialmente contaminato della Trisaia (Mt) in attuazione degli articoli 245 e 242 del dlgs 152/06 ss.mm.ii. “ pubblicato sul sito Istituzionale del Comune di Rotondella-Sezione Informazioni Ambientali, si indicava, nello specifico nelle conclusioni (pag. 178 e segg) la necessità di prevedere un intervento di messa in sicurezza operativa ex art. 240 comma 1 lett. m) del dlgs 152/2006 e di contenimento della contaminazioneda mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente.

Tuttavia, nonostante queste importanti prescrizioni e da assumere al fine di scongiurare la migrazione, a valle e off-site, degli inquinanti, con relazione Arpab del 15.10.2020 Prot. g. 0018106/2020 e come pubblicato sul sito istituzionale del ComunE di Rotondella sezione informazioni ambientali, emerge un dato di assoluta gravità. In effetti, veniva esposto quanto segue: che il monitoraggio del laboratorio Arpab aveva messo in evidenza la presenza di superamenti delle CSC non solo nei piezometri interni al sito ma anche in quelli esterni ( CM1 e SPB6 ubicati sotto la statale Jonica 106. AL riguardo Arpab dichiarava che:

Emerge così chiaramente che la diffusione degli inquinanti, tutti di assoluta pericolosità per la salute, ha raggiunto il punto esterno del sito inquinato, e nello specifico il parametro del tricloroetilene nel pieziometro CM1 è raddoppiato passando da una concentrazione di 1,2 ug/l a quello di 2,4 ug/l mentre quello normato è di 1,5 ug/l.

A questo punto è necessario comprendere e individuare le ragioni e/o omissioni che hanno impedito, a chi di competenza, di adottare quanto specificato nel documento Analisi del Rischio Sanitario Ambientale, ossia l’adozione di “tutti gli interventi di bonifica dovranno essere progettati e attuati tenendo conto dell’attuale configurazione del sito e della possibile tendenza di migrazione degli inquinanti in aree esterne al sito, principalmente in direzione del flusso di falda”, precisazione opportuna questa e per comprendere che con l’analisi del rischio era stato, e come già detto, ampiamente sottolineata l’importanza, nonché urgenza, di realizzare una serie di interventi da mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente.

In sostanza, se le misure, ripetiamo da adottare anche in via transitoria, e per impedire la diffusione degli inquinanti in aree esterne al sito, sono state eventualmente adottate e rispettate nella modalità di esecuzione e della tempistica ( valutazioni non accertabili dai denunciati attesa la mancata pubblicazione sui siti istituzionali del Piano Operativo di Bonifica-POB) ,per le associazioni ambientaliste si rende opportuno comprendere e quindi indagare sulle ragioni e/o le omissioni che hanno determinato la presunta violazione delle prescrizioni da adottare e per impedire quanto poi è accaduto, ossia la diffusione degli inquinanti in aree esterne al sito, con particolare riferimento a quanto è stato disposto ed eseguito dai vari direttori disattivazione impianti Sogin e Enea.

La gravità della situazione è anche connessa all’evidente e accertata pericolosità delle sostanze chimiche sopra indicate e nello specifico con relazione del Ministero della Salute che evidenzia la pericolosità delle predette sostanze chimiche. Per questo motivo, considerato che non sono stati pubblicati sui siti istituzionali, i dati e i tempi certi sulle operazioni di bonifica del sito Itrec, ove peraltro è in corso di costruzione un deposito per lo stoccaggio “provvisorio” di scorie nucleari già custodite presso il medesimo sito (da trasferirsi poi presso il deposito nazionale, ove mai lo stesso dovesse effettivamente essere realizzato) e considerate anche le gravi ripercussioni che simili episodi possano aver causato e causare ancora al territorio circostante ed alla salute degli esseri viventi ivi stanziati, e la sostanziale inerzia – per quanto consta agli scriventi – delle locali pubbliche amministrazioni rispetto agli obblighi sulle stesse gravanti ex lege (circostanza rilevante in particolare exart. 54 d lgs n. 267/2000), e valutato che a tutt’oggi e a fronte dei gravi rilievi sopra esposti,non appare essere stato aggiornato e/o modificato il Piano di Caratterizzazionee il Piano di Analisi del Rischio a seguito dell’accertata migrazione degli inquinanti in area esterna al sito contaminato, le associazioni hanno inviato una nota formale all’autorità giudiziaria al fine di verificare gli accadimenti di cui sopra. Una nota a parte merita la preoccupante situazione delle rilevanti compensazioni ambientali che i vari comuni ricevono e per adottare anche misure di tutela delle risorse idriche e bonifica dei siti inquinati. Con una delibera del Consiglio Comunale di Policoro n. 31 del 20.11.2017 era stata approvata la mozione del 20.11.2017 e che impegna il Sindaco e la Giunta a destinare tutte le somme necessarie, provenienti dalla “Ripartizione indennità compensativa rifiuti radioattivi” e “per dotare il territorio di un sistema di monitoraggio ambientale da intendersi quale sistema di controllo autonomi, per tutta la durata delle operazioni di bonifica del sito ITREC, e oltre , se ritenuto opportuno, con l’obbligo di periodica e tempestiva diffusione sul sito istituzionale” .

Sono passati ben tre anni da queste belle promesse e nulla è stato fatto. Quindi, non solo il monitoraggio non è stato adottato, ma neppure troviamo pubblicate sul sito istituzionale del Comune di Policoro, sezione informazioni ambientali, i predetti dati, il tutto mentre la contaminazione chimica ha superato il perimetro del sito Enea e ha raggiunto la parte esterna.

A questo punto ci chiediamo, ed è lecito domandare, come sono stati utilizzati quei soldi?”

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