A Pisticci spunti e suggestioni dalla narrazione partecipata della notte di Santa Apollonia

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“Post tenebras spero lucem” si legge sull’arco di via Mazzini, che in passato era la principale via di accesso all’antico borgo di Pisticci.
E’ il motto che deve contraddistinguere la storia futura di Pisticci, lanciato dall’archeologa Luciana Vitelli. Un auspicio di rilievo, che viene a conclusione della serata culturale proposta dal gruppo social “Noi… Pisticci, le nostre radici, il nostro futuro”, coadiuvato da Plus Hub con il supporto di Archeoart.
Un evento di spessore che, venerdì 9 febbraio, ha voluto ricordare gli eventi della Notte di Sant’Apollonia con uno sguardo al futuro. Con i cittadini che si riappropriano della memoria storica, condividendola. In una comunità, come quella di Pisticci, che sembra aver perso la propria identità e che deve ri-costruirla. Una sorta di passeggiata virtuale nell’antico Rione Casalnuovo nella Chiesa Matrice, luogo simbolo di quella notte di 330 anni fa.
Dopo i saluti del parroco, don Rocco Rosano, si sono susseguiti una serie di interventi che hanno contribuito a dare un quadro completo degli eventi: una fondamentale e appassionata premessa sugli aspetti geologici, illustrati dal geologo Francesco Vitelli, e un coinvolgente focus sulla possibile ora della frana, proposto da Giuseppe D’Avenia, hanno accompagnato la discussione nel vivo della ricostruzione storica brillantemente esposta dagli “animatori” del gruppo social di appassionati di storia locale. La rievocazione delle vicende trasmesse da antichi manoscritti di cui ha raccontato con dovizia di particolari Daniele Marzano e la sorpresa finale: una suggestiva ipotesi ricostruttiva del centro di Casalnuovo nel Cinquecento, realizzata graficamente da Vito Antonio Baglivo a partire dalle informazioni raccolte e illustrate da Leo Andriulli.

Gli eventi franosi che hanno sempre minacciato la stabilità dell’abitato devono servire per il futuro per evitare di ripetere gli errori del passato. Solo così potranno essere restituiti a Pisticci due simboli: la Chiesa di San Rocco, da troppi anni chiusa al culto e il Rione Dirupo dal quale passa il futuro del territorio e della sua comunità. Occorre il coraggio di superare il paradosso del vincolo urbanistico che oggi ne limita l’uso e ogni idea o progetto di riuso.
Un assaggio storico su ciò che accadde nel 1688, la cosiddetta “Ruina”: da dove cominciò la frana al numero presunto di morti, da ciò che si è perso in termini architettonici a come fu risolta l’emergenza abitativa.
Importante anche il ruolo della Chiesa, con gli aiuti che arrivarono dal Vescovo di Tursi e l’accoglienza dei superstiti nelle abitazioni degli altri rioni pisticcesi, come ha ricordato don Michele, responsabile diocesano per i Beni Culturali.
Fatti, episodi, vicende, personaggi, luoghi di un tempo ormai lontano, ma che ha segnato la storia di Pisticci. Un narrazione partecipata dal basso con i cittadini che vogliono, finalmente riappropriarsi delle loro radici, della propria memoria storica proiettati verso il futuro.

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