Caso Claps: la famiglia vuole tutta la verità

L’ 11/11/11 sarà certamente una data che Filomena, la mamma di Elisa Claps e tutta la sua famiglia non scorderanno mai. 
Danilo Restivo è infatti stato condannato a 30 anni dal gup di Salerno, Elisabetta Boccassini, per l’omicidio della studentessa potentina, scomparsa il 12 settembre del 1993 e ritrovata cadavere diciassette anni dopo nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza.
All’imputato, giudicato con rito abbreviato, è stata prescritta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici oltre che la libertà vigilata per tre anni a fine pena.
“La verità è venuta fuori” è stato il primo commento di Filomena, la mamma di Elisa che ha dichiarato che la condanna è solo l’inizio di una nuova battaglia che terminerà solo quando si saprà tutta la verità sul caso Claps. 
E vicino alla famiglia Claps vi è sempre stato Don Marcello Cozzi, referente dell’associazione Libera in Basilicata che, ha commentato la sentenza di condanna a carico di Danilo Restivo. 
Dichiarando che Restivo suo malgrado è una vittima di chi lo ha sempre coperto. “Se qualcuno lo avesse fermato all’indomani dell’omicidio di Elisa, o quando molestava telefonicamente quelle ragazze o quando, a 14 anni, ferì alla gola un suo coetaneo con un coltellino, – dichiara don Marcello – non avremmo avuto il mostro che è diventato. 
Restivo – continua – è vittima dei suoi genitori; vittima di chi lo ha coperto dopo che ha ucciso Elisa, e mi riferisco a quella macchina potente che si è messa in moto e a quei personaggi che coprendolo non hanno evitato che lui uccidesse ancora. 
Si è chiuso un capitolo di questa storia ma non si è chiusa la storia.
 D’ora in avanti cercheremo – conclude don Marcello – non solo chi ha coperto ma anche chi ha ucciso Danilo Restivo che comunque dovrà pagare per quello che ha fatto perchè si è coperto di un terribile omicidio. 
I personaggi potenti che hanno coperto hanno distrutto la vita di una famiglia ma anche quella di un ragazzo che se fosse stato fermato non sarebbe diventato quello che oggi sconterà una pena di trent’anni in carcere”.

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