A San Mauro rivive la tradizione dei Campanacci

Il suono è di quelli cupi, di quelli assordanti, che entrano in testa e difficilmente vanno via.
Ma è un suono che val la pena sopportare, perché, secondo la tradizione, sono proprio quei rintocchi assordanti e perduranti nel tempo, a mantenere lontano malanni e calamità.
Piccoli, grandi, rumorosi, fragorosi, l’importante è che suonino per allontanare
il male e per invocare la prosperità della terra.
Quello che sentite è il suono dei “Campanacci” di San Mauro Forte, operoso centro situato nel cuore della collina materana, dove da anni tradizione e folclore si mescolano con le antiche leggende ed i racconti dei contadini di un
tempo.
Intere squadre di suonatori accompagnati dal rintocco delle proprie campane e vestiti con abiti antichi e pittoreschi: in centinaia, lo scorso fine settimana, hanno sfilato tra le strade del centro storico del paese, portando il peso dei campanacci, alcuni dei quali pesanti anche dieci chili.
Da sempre a cavallo tra i festeggiamenti di San’Antonio Abate e l’inizio del Carnevale, la festa dei Campanacci a San Mauro è contornata anche da simpatiche allusioni riferite al genere: vi sono i campanacci “maschili”, che sono più lunghi ed hanno il batacchio visibile, e quelli “femminili”, con una conformazione più larga.
Legata a questa “sonora” festa è anche la tradizione dell’uccisione del maiale, animale che ricorre anche nelle coreografie della sfilata.
Ed è chiaro come non solo l’udito sia soddisfatto dalla festa dei Campanacci, ma anche il gusto, con la degustazione di prodotti tipici locali.
Gastronomia, musica e tradizione, hanno allietato anche l’edizione 2012 gli innumerevoli visitatori che ogni anno popolano le piazzette del centro storico della cittadina di San Mauro Forte, che quest’anno ha visto la presenza di una delegazione bulgara, con cui San Mauro è gemellata proprio in onore di questi suoni fragorosi dei campanacci.
Anche nella cittadina bulgara di Pernik, infatti, le campane allontanano i malanni favorendo prosperità alla terra e a chi la coltiva. 

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